© Tessere il futuro / Sito realizzato da un gruppo di artisti per i cento anni dalla nascita del PCI / 1921-2021
Il canto per il mio partito di Attilio Forgioli Nel 1921 venne fondato il Partito Comunista Italiano. Mi commuove il ricordo dei luoghi, delle persone, di quello che abbiamo detto e pensato di noi e degli altri. C’era il lago, l’acqua, i monti e noi col nostro vivere cercando nella vita le ragioni per viverla. Era difficile sapere il perché. Con i nonni e mia madre in questa casa sulle rive del lago, la camera dove dormivo con mia madre (che si chiamava Italia) e avevamo i muri pieni di canzoni che lei scriveva e che anche io imparavo e che ancora da solo oggi canto. Mia madre era fascista. Nell’aprile del ’45 seppi che le avevano tagliato i capelli. Avevo dodici anni e strappai i manifesti della Liberazione dai muri della piccola frazione di Salò, San Bartolomeo. La notte gli uomini (alcuni erano nostri parenti, diventati all’ultimo momento partigiani) misero me e i miei nonni nella piccola piazza dietro la chiesa e ci chiesero il perché del mio atto. Risposi che a mia madre avevano tagliato i capelli e io avevo strappato i loro manifesti. Ci dissero di andarcene dalla casa dei parenti contadini dove eravamo rifugiati e noi scendemmo nella notte a Salò. Lungo il sentiero nella montagna pioveva e c’erano molte lumache sulle pietre. A Salò, alle Rive, nella casa dove abitavamo, trovammo mia madre che piangeva: le avevano dato le foto di Piazzale Loreto. Avevo ventun’anni quando votai per la prima volta per il mio partito. Avevo conosciuto il marito di una sorella di mia nonna e insieme parlavamo di politica. Era un contadino molto intelligente. Conobbi anche Gianni Bellini, un operaio degli stabilimenti Olcese del Bostone, vicino a Salò. Era stato nel campo di concentramento in Germania ed era comunista. Aveva una figlia che mi piaceva e un figlio di cui diventai fortemente amico, che si chiamava Vinci. Sono le persone che ho amato di più insieme a Pippo Zane, il caporeparto degli scout di Salò. Imprigionato dai fascisti nel ’44 rischiò di essere fucilato perché partigiano cattolico. Aveva otto anni più di me e giocavamo insieme a calcio nell’oratorio. Tutti e due eravamo credenti. A ventun’anni votai per la prima volta per il mio partito. Nel ’53, avevo vent’anni, andai a Milano per fare l’Accademia di Brera per diventare pittore e conobbi altri giovani con i quali cominciai a vivere di pittura e dipinsi quello che avveniva nel mondo e che io volevo vedere e far conoscere agli altri uomini. Per questo voto per il mio partito e continuo a dipingere.
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Il canto per il mio partito di Attilio Forgioli Nel 1921 venne fondato il Partito Comunista Italiano. Mi commuove il ricordo dei luoghi, delle persone, di quello che abbiamo detto e pensato di noi e degli altri. C’era il lago, l’acqua, i monti e noi col nostro vivere cercando nella vita le ragioni per viverla. Era difficile sapere il perché. Con i nonni e mia madre in questa casa sulle rive del lago, la camera dove dormivo con mia madre (che si chiamava Italia) e avevamo i muri pieni di canzoni che lei scriveva e che anche io imparavo e che ancora da solo oggi canto. Mia madre era fascista. Nell’aprile del ’45 seppi che le avevano tagliato i capelli. Avevo dodici anni e strappai i manifesti della Liberazione dai muri della piccola frazione di Salò, San Bartolomeo. La notte gli uomini (alcuni erano nostri parenti, diventati all’ultimo momento partigiani) misero me e i miei nonni nella piccola piazza dietro la chiesa e ci chiesero il perché del mio atto. Risposi che a mia madre avevano tagliato i capelli e io avevo strappato i loro manifesti. Ci dissero di andarcene dalla casa dei parenti contadini dove eravamo rifugiati e noi scendemmo nella notte a Salò. Lungo il sentiero nella montagna pioveva e c’erano molte lumache sulle pietre. A Salò, alle Rive, nella casa dove abitavamo, trovammo mia madre che piangeva: le avevano dato le foto di Piazzale Loreto. Avevo diciotto anni quando votai per la prima volta per il mio partito. Avevo conosciuto il marito di una sorella di mia nonna e insieme parlavamo di politica. Era un contadino molto intelligente. Conobbi anche Gianni Bellini, un operaio degli stabilimenti Olcese del Bostone, vicino a Salò. Era stato nel campo di concentramento in Germania ed era comunista. Aveva una figlia che mi piaceva e un figlio di cui diventai fortemente amico, che si chiamava Vinci. Sono le persone che ho amato di più insieme a Pippo Zane, il caporeparto degli scout di Salò. Imprigionato dai fascisti nel ’44 rischiò di essere fucilato perché partigiano cattolico. Aveva otto anni più di me e giocavamo insieme a calcio nell’oratorio. Tutti e due eravamo credenti. A diciotto anni votai per la prima volta per il mio partito. Nel ’53, avevo vent’anni, andai a Milano per fare l’Accademia di Brera per diventare pittore e conobbi altri giovani con i quali cominciai a vivere di pittura e dipinsi quello che avveniva nel mondo e che io volevo vedere e far conoscere agli altri uomini. Per questo voto per il mio partito e continuo a dipingere.